Codice di Procedura Penale art. 33 octies - Inosservanza dichiarata dal giudice di appello o dalla corte di cassazione 1 .

Aldo Aceto

Inosservanza dichiarata dal giudice di appello o dalla corte di cassazione1 .

1. Il giudice di appello o la corte di cassazione pronuncia sentenza di annullamento [604, 620] e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado quando ritiene l'inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale [33-bis] o monocratica [33-ter], purché la stessa sia stata tempestivamente eccepita e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di impugnazione.

2. Il giudice di appello pronuncia tuttavia nel merito se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione monocratica.

 

[1] V. nota alla rubrica del capo VI-bis.

Inquadramento

La norma disciplina le conseguenze della inosservanza delle disposizioni relative all'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica rilevata dal giudice dell'appello o dalla corte di cassazione.

Le conseguenze dell'inosservanza

La sentenza pronunciata dal tribunale in composizione monocratica per un reato attribuito al medesimo ufficio giudiziario in composizione collegiale deve essere sempre annullata, anche dalla Corte di appello, a prescindere dal fatto che l'udienza preliminare si sia tenuta o meno (per la diversa opzione ermeneutica adottata dalla Suprema Corte in relazione alle ipotesi disciplinate dall'art. 33-septies, si veda il relativo commento).

Se, invece, il tribunale in composizione collegiale conosce di un reato attribuito al medesimo tribunale in composizione monocratica, la Corte di appello non può annullare la sentenza ma deve pronunciarsi nel merito, anche se la violazione delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica sia stata oggetto di eccezione tempestivamente sollevata e riproposta nei motivi di impugnazione (Cass. V, n. 31592/2020; Cass. VI, n. 2416/2010; Cass. VI, n. 7179/2003).

Si è precisato, al riguardo, che la sentenza di primo grado emessa dal giudice monocratico che, in seguito a riqualificazione dei fatti originariamente contestati, abbia deciso in violazione delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale, anziché trasmettere gli atti al P.M., è affetta da nullità; ma questa invalidità, pur se tempestivamente dedotta, non può essere dichiarata dal giudice di appello, né preclude allo stesso di decidere nel merito la regiudicanda, quando nella decisione di seconde cure è data al fatto la definizione giuridica enunciata nell'originaria imputazione e il giudizio su di essa spetta, secondo le regole generali, all'organo monocratico (Cass. II, n. 31474/2014). Deve invece essere annullata la sentenza di secondo grado con la quale sia stata erroneamente disattesa la relativa eccezione di nullità proposta in sede di impugnazione della sentenza monocratica (Cass. VI, n. 30772/2013).

Secondo parte della giurisprudenza il giudice di appello che conferisca al fatto una qualificazione giuridica più grave, in relazione alla quale sia prevista (a differenza che per quella contestata) la cognizione del tribunale in composizione collegiale e non monocratica, non deve annullare la sentenza, dato che la prescrizione posta nell'art. 33-octies riguarda il caso di diretta violazione delle regole sul riparto di attribuzione e non nel caso in cui il giudice monocratico si sia pronunciato su una fattispecie effettivamente rimessa alla sua valutazione (Cass. II, n. 18607/2010; Cass. VI, n. 24808/2007;Cass. VI, n. 2969/2005). Secondo questo indirizzo, dalla lettura coordinata degli artt. 24 e 597, comma 3, si evince che è consentito al giudice del gravame procedere alla riqualificazione, purché non sia superata la competenza del giudice di primo grado, mentre a nulla rileva l'inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione degli affari al giudice collegiale anziché al giudice monocratico (Cass. VI, n. 23315/2021). In senso contrario, si è sostenuto che nel caso in cui in sede di appello sia stata data al fatto, giudicato in primo grado dal tribunale in composizione monocratica, una diversa e più grave qualificazione giuridica, per effetto della quale esso rientri nelle attribuzioni del tribunale in composizione collegiale, la Corte di cassazione, ove il giudice di appello non abbia provveduto in tal senso e l'eccezione di incompetenza risulti proposta con i motivi di impugnazione, deve annullare senza rinvio la sentenza di primo grado, oltre a quella di appello, con la conseguente trasmissione degli atti al pubblico ministero (Cass. VI, n. 33854/2024;Cass. V, n. 19900/2023Cass. VI, n. 48390/2008; Cass. V, n. 10730/2007).

L'onere di reiterare l'eccezione

Fatta salva l'ipotesi di cui all'art. 521-bis (al cui commento si rinvia), l'inosservanza delle disposizioni relative all'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica può essere oggetto di scrutinio in sede di appello o di ricorso per cassazione alla doppia condizione che: a) sia oggetto di specifico motivo di impugnazione; b) sia stata tempestivamente eccepita ai sensi dell'art. 33-quinquies (o 516, comma 1-bis, 517, in caso di modifica dell'imputazione o contestazione suppletiva di reato connesso).

Casistica

La riqualificazione del fatto nel giudizio di appello, con conseguente riconducibilità del reato nelle attribuzioni del tribunale in composizione collegiale e nel novero di quelli per i quali è obbligatorio lo svolgimento dell'udienza preliminare, impone la restituzione degli atti al pubblico ministero pur quando il giudizio di primo grado si sia svolto nelle forme del rito direttissimo (Cass. II, n. 35066/2008).

Va disposto l'annullamento della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti al pubblico ministero qualora il giudice di appello, avendo dato al fatto una nuova e diversa qualificazione giuridica, ritenendo il reato tra quelli per i quali è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare e questa non si sia tenuta, ha giudicato nel merito dell'imputazione anziché disporre l'annullamento della sentenza di primo grado e la regressione del procedimento, al fine di consentire il recupero dell'udienza preliminare (Cass. VI, n. 8141/2020). 

Bibliografia

Ciarniello, sub art. 33-octies, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 419 ss.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario